Annapaola
Bardeloni ha dedicato all’incontro fra il nostro mondo e quello
ispanico gran parte del proprio intenso percorso artistico, come
autrice, attrice e regista.
23
febbraio ‘81 rimanda
a un episodio da noi poco ricordato ma fondamentale nella storia
dell’Europa nell’ultimo Novecento: in quella data, a Madrid, il
colonnello della Guardia Civile Antonio Tejero, estremista di destra
nostalgico della dittatura franchista, insieme a un gruppo di
accoliti fece irruzione entro il Parlamento spagnolo, sparando e
prendendo in ostaggio i deputati presenti. Il tentato colpo di Stato
durò circa diciotto ore, finché il Re Juan Carlos I parlò alla
nazione difendendo le garanzie costituzionali e il nuovo corso della
Spagna democratica; e i militari insorti vennero arrestati.
Lo
spettacolo si svolge in quella tesa notte di spari e trattative,
quando il Paese tutto è ancora nell’incertezza: si sta veramente
tornando al fascismo? Che strada sceglieranno le istituzioni? Le
nuove libertà, dopo soli sei anni di vita, cederanno un’altra
volta il passo all’autoritarismo?
Non
siamo però in Parlamento, al Palazzo Reale, nelle piazze occupate da
uomini armati fino ai denti: siamo invece in un piccolo,
coloratissimo appartamento del centro città, dove il mondo entra –
come in ogni casa normale – attraverso la stampa, la radio, la
televisione. Solo che l’appartamento è abitato da gente che tanto
normale, per come la vedono i golpisti, non è: la Pinta e la
Mercedes, travestiti folli e generosi, egocentrici ma non egoisti, vi
accolgono un variopinto gruppo di amici e amiche che, per diverse
ragioni, se Tejero riuscisse nel suo intento non avrebbero più vita
facile. Altro che camminare per strada sfoderando abitini mozzafiato,
altro che esibirsi nei locali di quella Madrid spudorata e impudica
che si è appena riscoperta libera dopo troppo tempo…
Nell’arco
di una notte, frettolosa e interminabile insieme, poeti, starlette e
sognatori di ogni risma, figure all’apparenza marginali e nascoste,
rivendicano semplicemente, quasi senza accorgersene, il diritto di
poter essere se stessi, di esprimersi in modo libero e civile,
facendosi così portavoci piccoli ma fondamentali di un Paese e di un
mondo.
Ma
non è solo questo, 23
febbraio 1981:
il dramma (nel senso proprio di “azione”, vicenda senza soste,
capace di divertire, commuovere, far pensare) di Annapaola Bardeloni
ha – molto ispanicamente – un tratto barocco, fatto di continui
trapassi di atmosfere, di toni cangianti, di situazioni sovrapposte.
Siamo infatti a Madrid la sera del tentato golpe, ma siamo anche,
contemporaneamente, in epoche e luoghi diversi della storia spagnola.
E i nostri personaggi non sono soltanto i travestiti che si aggirano
nel parco, ma anche la reincarnazione delle streghe mandate al rogo
dall’Inquisizione, o dei compagni di lotta caduti con Federico
Garcia Lorca durante la guerra civile; in qualcuno di loro è forse
già vivo il cinema sopra le righe di Pedro Almodovar, narratore per
eccellenza di mutevoli identità di genere. Sarà davvero così?
Davvero i contestatori, i trasgressori dell’ordine costituito, le
persone che non si adeguano agli ordini tornano, sapendolo o meno, ad
animare epoche diverse? O forse, come per un altro grande spagnolo,
Calderon de la Barca, la vita è sogno e i sogni sono sogni
anch’essi? Quel che è certo è che in ogni tempo e luogo i
perseguitati si rivelano, alla fine, più liberi e durevoli dei loro
cupi e violenti persecutori.
Come
nelle opere, appunto, di Lope o di Calderòn non è il lineare
sviluppo della vicenda ma l’accumularsi di situazioni a guidare lo
spettatore; la vicenda non va capita fissandosi sui particolari ma
lasciandovisi avvolgere come in un abbraccio: un abbraccio d’amore
di voglia di vivere, che è ciò da cui, prima di tutto, sono animati
i personaggi, doppi e incompleti insieme, chiusi fra quattro mura
mentre fuori si prepara il peggio. Identità nascoste, doppie vite,
fantasmi del passato, modi diversi di ribellarsi alle convenzioni,
comportandosi da streghe o da “semplici” portatori di
molteplicità sessuali: una sfida per gli attori, impegnati a
recitare personaggi che a loro volta recitano altri se stessi; un
gioco complice per gli spettatori, chiamati a individuare i
riferimenti sparsi qua e là ma sopratutto ad abbandonarsi alla
girandola delle trovate, fino all’approdo di una (per ora)
riconquistata libertà.